domenica 17 luglio 2016

DRAMA, DRAMA, DRAMA

Normalissime reazioni
post lettura intensa
C'è un momento, di solito a metà di un libro che sto leggendo, in cui mi fermo per guardarmi intorno e rendermi conto che il paradiso esiste e io ci sto proprio in mezzo. Ho una poltrona comoda, il caffè e sto leggendo. Ciao, mondo di fuori. Poi però finisce il libro e sto male, come oggi che ho letto "Sarah" di J. T. Leroy tutto d'un fiato e adesso ho mal di testa e ho voglia di piangere. Non solo per la storia. È la fiction che quando si comporta così, quando mi risucchia nel suo mondo e mi risputa solo dopo avermi fracassato i sentimenti a bastonate, mi piega, mi fa sentire tutta la sua forza. È così che capisco pienamente perché si dice che la scrittura è magia. È qualcosa di meraviglioso e insieme terribile, che annienta ma che insieme fa sbocciare emozioni, sentimenti e pensieri. Sento il cervello che mi ringrazia anche se allo stesso tempo vorrei piangere sul serio. Abbiamo guardato per un pomeriggio dentro un altro mondo, abbiamo viaggiato, capito, vissuto.
E chiusa parentesi Leroy sento il bisogno insopprimibile di tornare ai russi. A proposito di melodramma. Ma sono seriamente stanca di sentirmi ripetere che sono melodrammatica. Che cosa c'è di così terribile, di così sbagliato nel lasciarsi travolgere dai sentimenti? Quando guardo le persone che non lo fanno mi sembrano fredde e stitiche, manchevoli di un pezzo importante di se stesse, ma è solo la mia impressione. Quasi sempre sono contentissime di essere così, quindi, perché io non dovrei essere contentissima se mi coglie un sussulto dopo aver finito un libro e se mi spremo due lacrimette dagli occhi? 

sabato 16 luglio 2016

SCORIE

Una notte di merda dopo una giornata di merda. Non perché mi sia successo qualcosa di brutto ma perché ho preso male tutto da quando mi sono svegliata e non avevo voglia di alzarmi, di fare cose, di vedere il mondo. E adesso mi bruciano gli occhi e ho sonno ma sono ancora qui, ancora sveglia, con addosso una sensazione indefinibile che non se n'è andata nemmeno con una doccia. Sono pulita e odoro di gelsomino, ma non riesco a sentirmi bene. Allora rimango qui altri cinque minuti a finire queste righe che domani non avranno nessun senso ma che adesso mi servono perché il disagio va sentito tutto, ha bisogno del suo spazio.
Vorrei essere sempre buona e comprensiva e fare sempre la cosa giusta, ma quella appena trascorsa è stata una delle giornate che arrivano per farmi capire che "essere sempre buona e comprensiva" è una stronzata. Come il non voler mai sbagliare, fare delle cazzate o scoprire che con una bieca scusa ho attaccato una persona che mi stava antipatica solo per il gusto di farlo... e così sono scesa al suo livello. Poi ecco il mal di stomaco, perché mi è così difficile digerire i miei errori e le mie imperfezioni che a volte ho la sensazione che il corpo cerchi di rigettare l'anima. 
Non so perché la strage di Nizza mi ha preso così male. Insomma, quante stragi ci sono state finora? Quante ce ne sono, ogni giorno, al mondo? Non credo che questa abbia avuto un significato particolare perché ho dell'interesse per Nizza, no, ne ha avuto perché è stata l'ennesima, e io finora ho sempre voltato la testa dall'altra parte e fatto finta di non sentire. Ho rifiutato le notizie, le ho allontanate. Non ho messo bandiere sulla foto del profilo di Facebook, né ho girato e rigirato immagini particolari o scritto messaggi di cordoglio. Lo fanno tutti, che cosa contano le mie parole? E che cosa contano le parole in generale, specialmente quando chi provoca tanti morti gode del dolore che esprime chi rimane qui e ci deve vivere, in questo mondo di merda? Io volto la testa e scaccio i pensieri perché mi fanno male fisicamente, mi scavano un buco nel petto e mi chiudono la gola. Mi fanno piangere, odiare, e venir voglia di ricambiare la morte con altra morte. Non lo dico a voce alta ma lo penso... bastardi schifosi, vorrei ammazzarvi tutti. Ma se li ammazzassi tutti sarei esattamente come loro. Sarei la persona che dice a un'altra persona «Sei un presuntuoso, pallone gonfiato» e che nel dirlo diventa lei stessa un presuntuoso pallone gonfiato.
La strage del giorno mi ha preso male perché sono satura di umanità schifosa e mi ci voglio allontanare. Ecco la spinta giusta per chiudermi in me stessa, nel mio mondo. Mi dicevo che questo desiderio, diventato poi un bisogno, era sbagliato. Mi dicevo che faccio parte anch'io del genere umano, che mi piaccia o meno sono connessa in qualche modo con i miei simili. Se mi allontano ne soffrirò. Se mi allontano divento un alieno. Ma io sono un alieno, lo sono sempre stato, e adesso mi ritrovo. Mi ritrovo e so stare per conto mio e non perché sento il bisogno di proteggermi dagli altri, è perché proprio non me ne frega più niente.
Così riesco a stare bene persino quando sono a disagio. Ma il disagio è mio, il disprezzo è mio e così pure lo schifo. Non devo più condividere, non ne devo parlare. Se mi va, butto giù quattro righe che poi saranno qui a ricordarmi una notte di merda dopo una giornata di merda, gli occhi che bruciano per il sonno e la mia ostinazione a stare sveglia. Ancora un po', dai, altri cinque minuti. Non voglio che finisca questo momento, nonostante tutto. Forse mi capisco persino di più quando sto così, quando sono presa male, quando mi si chiude la gola. Do spazio a quello che c'è senza giudicarlo. Non va né bene né male: c'è perché deve esserci. Così, catturo un po' di pensieri e li metto qui e non me li tengo dentro. Non pensare troppo, mi dicono, che poi produci scorie. Ma io non so proprio farne a meno.

martedì 12 luglio 2016

TRENTADUE GRADI DI NOTTE

Cerco di scendere a patti con i crampi mestruali del quasi quinto giorno (avendo tardato, giustamente il ciclo ha deciso di trattenersi un po' di più, sia mai che dimentico di essere una donna, li mortacci sua) ma capitemi, è l'una e mezza di notte e in casa ci sono trentadue gradi, fuori si soffoca e mi sudano innominabili parti del corpo. 
Aspettando il rientro del topo dalla sua serata fuori casa sto un po' con il mio disagio, cercando di non incolpare niente e nessuno se due ore fa cantavo sotto la doccia mentre adesso lasciamo perdere che è meglio. Contemplo, come suggerisce Morelli. Contemplo la Fräulein Rottenmeier che è in me per darle spazio e lasciare che mi sbatta in faccia quanto a volte io riesca a rendermi odiosa.

Diapositiva della Vale
nell'atto di contemplare
E in questo stato contemplativo privo di giudizi, mentre mi prendo un cazziatone in confezione famiglia senza colpo ferire, ho fatto partire un altro ordine per Amazon. Oggi è il Prime Day e la categoria libri non è nemmeno compresa tra le scelte... ma seriamente, Amazon?!?! A quanto pare sono seri e di libri in super offerta neanche l'ombra. Ma io, «Potere del CAZZOMENEFREGA vieni a me!!», ho comprato molto J. D. Salinger per il compleanno della Ele più J. T. Leroy e il secondo volume della graphic novel dedicata a Ray Bradbury per me, perché sono stupenda e un regalo me lo meritavo proprio (seh, come no...).

E niente, ecco cosa accade se mi si lascia sola in casa a contemplarmi in una calda notte d'estate, quando sto ancora ciclando, prendendo badilate dai sentimenti e ho del credito nella postepay. 

giovedì 7 luglio 2016

CICLI


Questo vale per tutti i momenti in cui ho affermato che il ciclo mestruale non è un disturbo, non va trattato come tale e va vissuto con serenità, sottovalutando così il suo essere subdolo, schifoso e maledetto e ngul'a mammt!!!
Domani è l'unico giorno utile per andare a trovare suocera e nipoti al mare, giacché sono in ritardo di dodici giorni ho detto al ciclo dai ciccio, concedimi un'altra giornata, tanto che differenza fa? Non perdo neanche tempo a scrivere la risposta che ho ricevuto. Si sarà offeso perché l'ho chiamato ciccio?

Che vita di merda, a volte.

lunedì 4 luglio 2016

RICHIESTE LEGITTIME... OPPURE NO?

Perché non capisco mai
quando ho torto e quando ho ragione?!!?
Millesettecento disagi della vita quotidiana. Potrei buttar giù qui e subito un intero saggio dedicato all'argomento, insieme a «Come complicarsi la vita in dieci, semplici mosse».
Mi sento a disagio per essermi lamentata con un corriere che venerdì scorso ha toppato una consegna, non tanto per la merce di per se stessa ma perché ho aspettato inutilmente per tutto il giorno, con l'orecchio sempre teso al campanello. Quando ho chiesto spiegazioni via email all'ufficio del corriere sono stata un po' dura, non certo offensiva o maleducata ma comunque dura, prima ancora di aver ascoltato le altrui ragioni. Dato che non era la prima volta che avevo difficoltà con questo corriere forse inconsciamente volevo un po' rifarmi di tutte le occasioni passate in cui avevo taciuto e sopportato, sta di fatto che quando poi prima si è presentato il ragazzo delle consegne tutto scuse e gentilezze mi sono sentita un essere infame.
Nel frattempo, da venerdì a questa parte ho ricevuto una lunga serie di email di scuse da parte del servizio clienti di Amazon. Era come stare di fronte a Benjamin Malaussène ne Il paradiso degli orchi. Perché un semplice reclamo sembra essersi trasformato in uno tsunami di merda??!

Secondo motivo di disagio è un'amica stretta che per un po' vorrei non sentire, più per istinto che per cause specifiche. Le cause specifiche in realtà ci sono, ma potrebbero essere discutibili, potrebbero essere solo le lagnanze del mio Ego. L'istinto è diverso, non ha bisogno di parole perché comunica per vie molto più sottili, per sensazioni di pancia e di pelle, ma che con me parli attraverso la pancia, la pelle o i peli del naso fa poca differenza dato che tendo a non ascoltarlo mai, a metterlo a tacere con la convinzione di sapere che cosa sia meglio fare per salvare la faccia, e non doversi poi pentire del proprio operato (è un po' come la sopraccitata storia del corriere, della lamentela legittima - e comunque bene educata - ma che diventa illegittima quando va a scalfire l'immagine di Valentina Perfettina - quella che non si lamenta mai).
La sensazione "di pelle" che l'istinto mi ha sempre comunicato, in merito a questa amica, è che non sia una persona che mi fa bene frequentare profondamente e su base costante. Non entro nei dettagli, mi perderei e finirei per ragionare su qualcosa che non ha bisogno di ragionamenti. Diciamo solo, in una parola, che con questa persona mi sento usata. Mi svuota delle mie energie vitali, mi chiede molto e mi toglie molto senza ricaricarmi in cambio, e di non essere mai ricaricata ne ho un bel po' piene le palle. Non è, anche questa, una richiesta legittima da parte mia? Quella di non dover porgere continuamente la giugulare per farmi ciucciar fuori la vita dal vampiro di turno, e senza neanche il beneficio di ricevere dei super poteri in cambio? Direi che sì, è una richiesta legittima. Allora perché, nel farla, mi sento l'essere più ignobile sulla faccia del pianeta?

venerdì 1 luglio 2016

NON LO SO E NON LO VOGLIO SAPERE

Il momento in cui cominci a sospettare di essere bipolare e poi niente, ti ricordi che sei in premestruo e ti limiti a tirare le solite bestemmie. E mentre tutti voi mi dite ma dai, non bestemmiare, a che ti serve? Poi sei una donna, è brutto sentire una donna che bestemmia!, il mio Io Interiore si inalbera come una scimmia e grida: «Donna?! DONNA?! Essere dotate di vagina non rende automaticamente donne, stolti che non siete altro, e se venite avanti prima vi do un pugno e poi vi ribalto con un rutto!!!» 
Scherzi a parte...
ieri era il 30 giugno, giorno del quarto anniversario della morte di mio suocero. L'anno scorso mi preparavo per partire per il mare con la stessa leggerezza d'animo con cui ci si prepara per andare al patibolo (e la cosa stupenda in tutto ciò è che io per prima avevo rotto l'anima al mondo per andarci e avevo atteso la partenza tipo da gennaio, da quando avevamo prenotato l'appartamento - MA LA COERENZA?!!?), e l'unica battuta che era sfuggita all'argomento l'aveva fatta il topo, prontamente zittito da me e mia suocera. La battuta riguardava proprio la partenza, non tanto la vacanza.
«Tratteniamo il respiro fino al primo luglio, perché l'ultima volta che ci siamo preparati per partire...» 
Ma si parla dell'anno scorso e di un breve momento, poi io a quel 30 giugno 2012 non ho più pensato fino a quest'anno quando, non so perché, ho sentito il bisogno di fare una specie di viaggio indietro nel tempo per rivivere quella notte terribile. Senza trasporto, con un distacco totale. Invero neanche mi sembra di averla vissuta in prima persona, eppure l'ho fatto. È successo. Mi sono veramente ritrovata alle due del mattino in giardino, in pigiama, in mezzo ai parenti di mio marito che piangevano, si sbracciavano e si abbracciavano e io non sapevo neanche come mi chiamavo. Una scena surreale. Poi però è andata peggio. Perché insomma, parliamo di convivere con un cadavere nella prima settimana di luglio, quando il caldo è così torrido che il tuo bel condizionatore gli fa un indimenticabile raspone. Con il caldo i cadaveri si gonfiano in fretta, spurgano da tutti gli orifizi, mandano una puzza ancora più pungente, e se poi li circondi di cesti e mazzi di fiori freschi hai fatto l'en-plein di schifo, è un po' come spruzzare il deodorante da cesso alla lavanda per coprire gli effetti del post ristorante cinese. È un odore che non si dimentica facilmente. Infatti io il deodorante alla lavanda non solo non lo compro mai ma lo aborro anche. Ok, mi rendo conto che tutto questo mio discorso sembra una mancanza di rispetto nei confronti del defunto suocero ma non lo è, e sono sicura che lui, ovunque sia ora, lo sa. Era un uomo divertente, non gli piacerebbe sapere che piangiamo sempre la sua scomparsa.

Ma passiamo oltre. Il 30 giugno è finito, è il primo di luglio e stamattina l'intera famiglia è partita per il mare, così io e il topo siamo letteralmente soli e, come sempre, di questa letterale solitudine non ce ne faremo niente di straordinario. Oggi è venerdì, la sua serata poker. Domani è sabato, c'è l'imperdibile partita Italia - Germania...


E domenica? Be', domenica è per il riposo, ovviamente. Stendiamo un pietoso telo mare.
E io? Che faccio? Mi metto in tiro, chiamo un paio di amiche, organizzo una serata al volo e vado fuori a troieggiare cercando qualcuno che colmi il vuoto lasciatomi da questo marito indifferente??! Figuriamoci se ho sbatta. Ho un mucchio così di libri nuovi da leggere, e il naufragar m'è dolce su questa poltrona, col ventilatore a manetta e la birra fresca. E poi non ho mai creduto nell'utilità del tradimento, con l'abilità che ho di sentirmi una merda per delle inezie figuriamoci come potrei sentirmi se tradissi mio marito. Nella più rosea delle ipotesi vivrei con la colpa per tutto il resto della mia vita, che sarebbe breve perché mi farei sicuramente venire un accidente serio, oppure mi ritroverei incinta o con un herpes genitale. O con un pazzoide per amante in stile Attrazione fatale ma al contrario. Voglio dire, tutto 'sto casino per un po' di pene? La vita non è già abbastanza complicata di suo? 

Se davvero avessi desiderato complicarmi la vita sarei partita per il mare anche quest'anno, per stare in quell'appartamento lungo e stretto a tu per tu con altre tre persone per ventiquattro ore al giorno. Non ci so più stare agevolmente in compagnia per tanto tempo, e non dipende dalla compagnia, au contraire! Dipende da me. Vivere praticamente da sola mi ha fatto scoprire la gioia del silenzio in cui posso contemplare con più calma tutti i miei fallimenti, gli errori e le strepitose occasioni che mi sono persa ed è ovvio quindi che non senta l'esigenza di conversare. Conversare potrebbe essermi utile, qualora comportasse un'apertura mentale da parte mia, una maggiore comprensione del mio prossimo e mettesse per un po' in pausa i miei melodrammi. Voglio veramente correre questo rischio? Certo che no. L'intento con cui sono partita l'anno scorso era questo: staccare. Dalla solita vita, dai soliti pensieri e dalle abitudini stantie proprio per vedere se potevo imparare qualcosa di nuovo. Ma io non sono ancora capace di staccare, non sono pronta. Ho trascorso una settimana a rimpiangere di non essere a casa in mezzo a tutte le sopraccitate cose stantie da cui mi sarei dovuta separare, sette giorni a notare soltanto la stitichezza, la pelle appiccicosa di protezione solare 50+ e i capelli sempre gonfi a causa dell'umidità, a rimpiangere emerite cazzate come le capsule di caffè Lavazza e il mio water candeggiato alla perfezione. E sono rientrata con l'intestino annodato a mo' di fiocco sul pacco regalo e il fungo tra le dita di entrambi i piedi. A un anno di distanza mi dico che finalmente è giunto il momento di naufragare sulla mia poltrona e smettere una volta per tutte di sforzarmi di uscire dalle mie zone di comfort quando non lo voglio fare. Ci posso provare e l'ho fatto. Non ha funzionato, sono stata male per tutto il tempo. Ci riproverò? Certamente. Quando sarà il momento. E quando sarà il momento? NON LO SO E NON LO VOGLIO SAPERE e sono felice di non saperlo.
Sono felice, sul serio. Non ho programmi, né a breve né a lungo termine. Ho fatto un fagotto con tutti i miei sogni, di diventare una ricca e famosa scrittrice, di trasformarmi in una donna bellissima, brillante e affermata, e con due colpi di scopino bene assestati li ho fatti sparire nella tazza del cesso. Perché sì, perché è bello così, perché cazzo se ero stanca di inseguire degli ideali che non raggiungerò mai. Cazzo se ero stufa di impormi regole e programmi per il bisogno di dimostrare il mio valore, senza sapere che così stavo facendo proprio il contrario. Dove andrò a finire adesso proprio non lo so, e giusto per ripetermi nemmeno lo voglio sapere. Sarà quel che sarà, come dovrà essere, e quello che deve risolversi nella mia vita andrà a posto come è sempre andato tutto a posto se io non ci ho messo lo zampino.