sabato 31 marzo 2018

WRITER ALLO SBARAGLIO

Poco meno di tre ore all'inizio del Camp NaNoWriMo di aprile e io?
Ho fatto Camp NaNo Prep? Finito le letture che dovevo finire? Deciso cosa scrivere??! 
NO. 
Ho passato le ultime settimane a cuorare foto dei Metallica come un'adolescente in piena tempesta ormonale. Sicché questo aprile, il Camp NaNo sarà allegramente all'insegna de "La Corrida - Dilettanti allo sbaraglio".


mercoledì 28 marzo 2018

VIZI DI MERDA

Stasera ho fatto il funerale e ho dato fuoco a qualcuno dei diari che ho accumulato negli ultimi sei anni. Era una cosa che volevo fare da tanto tempo ma che non mi aveva ancora colta nella giusta disposizione d'animo, perché per quanto mi riguarda bruciare diari non vuol dire solo bruciare dei pezzi di carta. Nello specifico non sono andata in ordine, ho bruciato il 2012, un po' di 2013 e quasi tutto l'inizio del 2017 perché erano i peggiori che avevo in archivio e i primi che mi sono capitati per le mani riordinando alcuni documenti.
Rileggere i diari è un vizio di merda, non dovrei cedervi così facilmente come mi succede ma ahimè, sono una debole (e mi piace sguazzare nel guano del mio passato - credo di averlo già scritto decine di volte in questo stesso blog). Ho aperto quello che avevo a portata di mano e dopo una veloce lettura mi è salita una rabbia in corpo che se mi fossi presa la temperatura avrei mandato in tilt il termometro. Mi è venuta voglia di schiaffeggiarmi. Con quegli schiaffi didattico-pedagogici che mi dava mia madre da piccola quando facevo i capricci e me li meritavo. Me ne volevo dare tanti da stordirmi, giuro. Dopo ho capito - e intendo dopo venti minuti di pediluvio gelato. Va bene, mi sono detta, è stata una fase della tua vita. Una fase un po' lunga: finiamola. Sul serio, stavolta. Di qui l'idea del fuoco.
Guardavo dentro il camino e pensavo adesso quelle cose che ho scritto e ripetuto milioni di volte almeno non esistono più, posso rinnegarle? Posso fingere di non aver trascorso gli anni migliori della mia vita a tormentarmi per ragioni di cui ormai ho smarrito l'origine? Ho pensato e rimaneggiato così tanto il passato che dubito abbia ancora la forma che aveva in realtà, probabilmente quello che ricordo è talmente distorto che non assomiglia nemmeno per sbaglio a ciò che è stato veramente - e che comunque non si può recuperare per un confronto.
La purga emotiva stava quasi dandomi un po' di soddisfazione quando dalla taschina interna di un diario sono cicciati fuori alcuni dei foglietti che tanti anni fa riempivo di nascosto in ufficio, usandoli in alternativa a un diario che in quel contesto sarebbe saltato subito all'occhio. A proposito di ciarpame che non so perché ho tenuto (taschina infame, per te solo lame). La prima frase di uno di questi appunti recitava qualcosa come "Credo che quando sarò vecchia mi farà piacere sapere che cosa stavo pensando oggi, a quest'ora": mia cara Valentina del passato, NO. Ti assicuro che ne avrei fatto volentieri a meno. Ma su questo sarei passata oltre senza battere ciglio, se solo non avessi letto un bigliettino del 7 marzo 2005 in cui mi dichiaravo così angosciata e disperata da essere pronta a farmi male sul serio pur di far cessare la sofferenza. Sul serio, eh.
Ora mi chiedo, ma da quanto va avanti VERAMENTE questa storia? Da quando sono nata? Da quand'ero ancora nel grembo materno o nei progetti divini?? I progetti divini mi sembrano la risposta più sensata. A non aver senso è l'essere nata per replicare modelli comportamentali appresi nell'infanzia fino a trentanove anni suonati - se avesse un senso non avrei provato sconcerto standomene in piedi di fronte a mucchio di cenere fumante, premendomi una mano sulla bocca perché il sopraccitato sconcerto non si tramutasse in molte bestemmie.
Mi capite? Una pensa di essere drogata di vittimismo, pessimismo e melodrammi da sette, otto anni al massimo, e invece vien fuori che si fa da quasi una vita. Che orrore. Ma soprattutto, che faccio adesso? Sono diventata consapevole della mia dipendenza, non posso più fingere di non vedere. Non si tratta più di un po' di polvere da spazzare sotto il tappeto, ma di una montagna di cacca di elefante che, potete ben immaginarlo, anche se il tappeto è grande non ci sta né sotto né sopra.
Eventuali suggerimenti a riguardo saranno bene accetti.


POSCRITTO IGNORANTE:
come precettato da Doc. Morelli, per dimostrare a me stessa un po' di buona volontà, stamattina ho deciso di fare qualcosa di diverso dal solito,"per sorprendermi": non ci ho messo quarantacinque minuti a uscire dal letto e mi sono alzata prima del solito.
Per fare qualcosa di utile e produttivo? Qualcosa di divertente? Magari per scrivere un po'? NO. Per scoprire che Franz aveva di nuovo la ghiandola perianale infiammata e portarlo così di volata dal veterinario. Non è il caso di dire "che culo", vero?

sabato 24 marzo 2018

SE CERCATE LA COERENZA, NON CHIEDETE INDICAZIONI A ME

Ho riaperto la pagina autore su Facebook. E no, non so perché - ero sicura di sapere per quale motivo la stavo chiudendo, ma non ho idea del perché mi sia venuta voglia di riaprirla e a pelo, tra l'altro, se aspettavo qualche altra ora sarebbe stata eliminata in modo permanente.
Con questa azione, e con questo post, rinuncio ufficialmente a mettere ordine nella mia vita, a dare un senso a quello che faccio, a dare un senso a quello che provo ché tanto è inutile - si vede che le cose devono andare così. 

sabato 17 marzo 2018

SE FIRMI, ACCETTI

Stando alle letture psicosomatiche, molte delle mie tensioni rivelano il bisogno e il desiderio di approvazione da parte degli altri, e la paura di deludere gli altri, e anche la mia rigidità nei confronti del comportamento degli altri. In poche parole: perché le persone non sono come io le voglio e non fanno quello che dico loro di fare?
Lasciando perdere l'analisi semplicistica di una faccenda che andrebbe approfondita, e intendo non da me ma da un terapeuta adeguatamente preparato, oggi più che mai mi rendo conto di quanto siano stupidi questi meccanismi - sono utili in quanto indicatori di un bisogno profondo che non sto ascoltando, ma nel contempo sono stupidi... sono dei freni auto-imposti MA A CHE PRO, dato che ogni volta che mi sforzo di essere sincera e di aprirmi con gli altri ottengo disapprovazione perché non ho seguito la via prestabilita e ho osato oppormi. Comunque io mi comporti, qualcuno se ne esce sempre scontento di me.
Quello che ho imparato in questo senso è che fintantoché mi adeguo al comportamento degli altri, anche in un piccolo gruppo, fintantoché seguo quelle insulse e non scritte ma sottintese regole del branco sono una persona "a posto", sono "degna" - di attenzioni, di gentilezza. Se prendo un'altra strada, anche soltanto per una volta, il meccanismo si inceppa. Fintantoché sono gli altri a fare il cazzo che vogliono, giustificati e legittimati perché ognuno ha diritto di fare il cazzo che vuole, è sacrosanto, ma se sono io a farlo è un sacrilegio. 
A questo punto vorrei che tutto questo schifo venisse messo a verbale, vorrei che esistesse un contratto per ogni cosiddetto rapporto d'amicizia: queste sono le regole, se firmi le accetti e sei dentro, se le infrangi sei fuori. 
Sono sicura che così tutto sarebbe  più facile.

giovedì 15 marzo 2018

CHE MERDA LA VITA, A VOLTE

Come in ogni dramma che si rispetti, il tempo ha recitato la sua parte fino in fondo.
Avevo giurato che non avrei fatto l'ultimo viaggio insieme a Tino, e invece l'ho fatto. Abbiamo convissuto per undici anni, glielo dovevo. Non ho pensato al futuro, a quanto me ne pentirò quando le immagini di questo pomeriggio mi balzeranno alla memoria - ovviamente nei momenti in cui avrò il morale sotto le scarpe.
In un'ora abbiamo sbrigato tutto. Abbiamo portato a casa Tino per seppellirlo in giardino. Lui voleva arrangiarsi a seppellirlo da solo, io gli ho detto COL CAZZO CHE LO FAI DA SOLO, vengo a tenere l'ombrello così ti bagni meno. Col mio contributo in verità ci siamo bagnati di più e tutti e due, perché veniva giù una pioggia torrenziale da cui era difficile ripararsi e dopo un paio di minuti era inzuppato anche l'ombrello, ma se l'ho fatto vuol dire che dovevo farlo.
A quel punto mi è venuto da ridere. Volevo scoppiare a ragliare come un asino per quanto patetica e melodrammatica mi è sembrata la scena di noi due, marito e moglie armati di ombrello, piccone e pala a seppellire un gatto nel buio della sera, sotto secchiate d'acqua, con un freddo umido e odioso e quello schifo di odore di terra bagnata. 

mercoledì 14 marzo 2018

A proposito di amiche che mi fanno ridere e mi tirano su, grazie a un tag ho appena scoperto di essere Batman. 

E grazie a Orgoglio Nerd per la citazione

martedì 13 marzo 2018

L'OV

(Why the fuck was I given emotions)
Metti una sera che stai malissimo, dopo una giornata trascorsa a stare sempre malissimo, e sei lì che tiri su col naso e ti ripeti ma sì, dai, passerà, passerà anche questa, ma intanto continui ad allungare il tè con amare lacrime, e in quel momento ti arriva una notifica. Apri Facebook, e scopri che un'amica ha pubblicato una citazione presa da un tuo libro. 
Madò, che cosa è stata. 
Che cosa. 
Mi è venuto di nuovo da piangere, ma perché ero felice e commossa (eviterei di piangere a ogni piè sospinto, giuro, se non fossi nata con delle ghiandole lacrimali difettose). È stata una prova per confutare la mia teoria preferita, quella che La Vita stia sempre a tramare contro di me. E INVECE NO, TIÈ! 

È stato il più bel regalo di non-compleanno che potessi ricevere in un momento come questo. Perché, ne converrete tutti, le sorprese positive e le belle notizie che arrivano nei momenti tristi valgono mille punti in più. 

SMILE, YOU'RE ON CANDID CAMERA!

Stanotte sono andata in bagno, mi sono guardata allo specchio e ho sorriso: non avevo più neanche un dente in bocca, solo gengive. Meno male che dopo mi sono svegliata.


Screen da QUI.
[Ma anche QUESTO ARTICOLO mi è piaciuto].

Comunque non farò grandi analisi, dato che al risveglio i denti erano tutti al loro posto e che non c'è niente di nuovo all'orizzonte, niente che non sappia già. "I sogni esprimono le tue angosce più profonde"... ma dai? Io preda di qualche angoscia? Non l'avrei MAI detto.

lunedì 12 marzo 2018

NEL REGNO DELLE IPOTESI

Oggi ho concluso la mia splendida avventura con la "pagina autore" di Facebook, una cosa che mi è sembrata stupida fin dall'inizio e che col tempo ha ampiamente dimostrato la sua inutilità. Pazienza per i sedici like totali, non avendo mandato inviti a nessuno e non essendomi impegnata troppo soprattutto negli ultimi tempi non potevo neanche pretendere di ricevere chissà quali riscontri. La mia incertezza ha logicamente prodotto risultati incerti anche se quando ho cominciato volevo veramente fare qualcosa di carino, volevo veramente impegnarmi... ché facevo dei banner di merda con le mie limitate possibilità, ma a farli, scegliendo la foto giusta e la giusta citazione e mettendo insieme i pezzi, ci voleva del tempo. E per che cosa? Qualche mi piace? Qualche copia venduta in più, o magari per il mio personale divertimento? Neanche per sogno. 
Ascoltare i Metallica mi diverte e mi intrattiene molto di più, preferisco usare il mio tempo libero così che rimettendoci diottrie. In questo modo non mi farò mai conoscere come autrice? PAZIENZA. Ci sono anche persone che mi conoscono come tale ma non per questo mi supportano, e intendo anche con una cosa stupidissima come UNA singola condivisione che può far visualizzare un post a tante altre persone. Ci vogliono due secondi - ma per carità, non siamo qui a chiedere l'elemosina, e nessuno è obbligato a farlo. Lascerò più spazio alle altre autrici e agli altri autori che hanno voglia di farsi sentire, così non dovremo spintonarci. È legittimo volere un seguito, a me non sembra più così necessario.
D'ora in avanti SE pubblicherò ancora qualcosa lo farò con un nuovo pseudonimo, nel più totale anonimato. E sempre stando nel regno delle ipotesi, SE qualcuno comprerà un mio libro e lo leggerà fantastico, mi farà piacere. SE lo commenterà o lo criticherà - darà, insomma, un qualsiasi segno di vita - ancora più fantastico. Ma SE non accadrà niente di tutto questo sarà fantastico lo stesso perché non avrò investito emotivamente in aspettative di nessun genere.
Tutta questa storia dei like da dare e da ricevere, tutto questo provare a fare anch'io quello che fanno gli altri ma senza alcuna convinzione, perché evidentemente non è nelle mie corde, mi hanno solo distolta dalla cosa più importante: SCRIVERE STORIE. Raccontare qualcosa prima di tutto a me stessa. È stata questa la ragione per cui ho sempre scritto. Raccontare per essere trasportata in un altro mondo, lontano da dove sono adesso quando dove sono adesso mi fa stare male, e perché la vita ordinaria mi piace sì, ma fino ad un certo punto. Leggere certe avventure è appagante, ma quelle che talvolta immagino per conto mio mi piacciono lo stesso: provo a tradurle in parole e a lasciarle andare, quel che deve succedere succederà.

LA STRADA


Cormac McCarthy
Scrivere un post su come sia miseramente fallito il mio ennesimo tentativo di dare una svolta ottimista alla mia vita, anche passando per questo blog, mi fa sentire una grandissima cogliona. Lo scriverò ugualmente, perché anche se fallirò altre mille volte, altrettante proverò a ripercorrere la strada in cui mi sono persa. Non è più un dovere, ma una necessità. Non posso tornare indietro, non posso più essere la persona che sono stata, nemmeno quella che ero una settimana fa quando stavo meglio di come sto oggi e mi immaginavo che questo star meglio sarebbe durato. 
Va detto che neanche il disagio durerebbe molto di sua spontanea volontà, ma a me piace farlo restare perché mi dà una scusa per non assumermi la responsabilità di come va la mia vita. Alcune cose capitano (il gatto che si ammala - che comunque è ancora vivo. Non certo in forma smagliante ma mangia, si lava, miagola e mi odia come prima), per cui non c'è niente da fare perché è questo il funzionamento del meccanismo detto vita. Ce ne sono altre che invito costantemente coi miei ragionamenti contorti e sempre uguali, e per cominciare a cambiare aspetto dall'esterno una conferma che deve invece arrivare dall'interno, da me stessa. Devo credere, o non avere aspettative, PRIMA di una qualunque manifestazione. Dopo vengono solo le ovvie conseguenze.
E se non posso più essere quella che sono stata, bisogna allora che mi inventi una nuova me - anche brutta se occorre, non mi interessa più. Scrivo la verità: non mi interessa di come sono adesso, se piaccio o meno agli altri. A me gli altri non piacciono più come una volta. Mi capita ancora di affezionarmi a qualcuno, ma mi stanco subito dell'incostanza, della freddezza, di quel distacco della serie «sì, ci sentiamo, ma non ti aspettare niente, non ti montare troppo la testa». Mi si spezza qualcosa dentro con grande facilità, e dopo non c'è più modo di aggiustarmi. Dopo non me ne frega più un cazzo di niente anche se può essere sbagliato. Perché io sono sempre qui a chiedermi se ho sbagliato, con gli altri, come ho sbagliato o se posso rimediare? Quasi nessuno mi concede la stessa cortesia. 
Sono diventata brutta, fredda come una lastra di marmo. Non provo trasporto che per due o tre persone al massimo, tutti gli altri mi sono indifferenti. Non provo rancore, né invidia o rabbia, né mi sento offesa. No, mi sento solo indifferente, anche ai blocchi senza spiegazione, alle assenze improvvise, alla mancanza di gentilezza (ringraziare, seppur per dei piccoli gesti, a quanto pare non trenda da nessuna parte quindi a che serve...). 
Se poi in questo modo, con la mia indifferenza, divento sgarbata oppure offendo qualcuno che non se lo merita mi dico pazienza, a me è capitato un sacco di volte. Perché agli altri dovrebbe essere concesso di peccare e a me no? Via il cilicio, adesso non serve più. Che mi cancellino, mi buttino e mi dicano anche che sono una stronza. Magari hanno ragione, ma così va la vita. 

giovedì 8 marzo 2018

Arriva di nuovo un giorno in cui niente mi consola, NIENTE. 
Tino sta morendo, e non ne parlo perché non voglio sentirmi dire «Ma che tragedie fai, È SOLTANTO UN GATTO!» perché so che se dovesse capitarmi non risponderei di me. Se ne va ancora abbastanza giovane e non posso fare niente per curarlo, posso solo aspettare sabato pomeriggio per l'appuntamento concordato con la veterinaria - perché io non ce la faccio a portarcelo prima e deve farlo il marito. Di gatti ne ho già portati a morire in passato, e ne ho abbastanza. No, io Tino lo saluto sulla porta di casa,e poi mi immagino che sia libero di andare in giro a viversi le sue avventure come in fondo avrebbe sempre voluto fare, perché lui non è mai stato veramente un gatto di casa e lo so che a tenerlo rinchiuso, anche se così è stato protetto, gli ho fatto un dispetto. Appena ci riusciva mi scappava dalla porta d'ingresso, correva per il giardino come un matto e gli mancava veramente poco coraggio per uscire dal cancello e non tornare più indietro. Tanto lui della strada non si ricordava niente, secondo me, anche se è stata la strada a portarcelo undici anni fa. Non si ricordava quanto è pericolosa perfino per noi esseri umani. Adesso non si muove quasi più, non prova a scappare né mi segue più giù per le scale cercando puntualmente di farmi inciampare, e non mi tira più i capelli né mi pianta le unghie sulla faccia perché non ha altro modo di dimostrare affetto. Mi guarda con un muso triste e infelice e le unghie mi sembra di sentirle dentro il cuore. Penso a cose stupide, insensate. Tanti anni di esperienza e tanti gatti morti eppure non ho mai imparato che affezionarsi alla fine porta un grandissimo dolore. Mi sono dimenticata troppo in fretta questo inscindibile binomio. Passerà tutto. è ovvio, ma intanto? Che cosa faccio, nel frattempo? Come faccio a non annegare? Magari stavolta annego. Non per il gatto, perché il gatto non mi appartiene come non mi appartiene nessuno, e segue la sua strada. Annego per tutto il resto, per l'insieme, non per i pretesti per star male. È che sono stanca, e non ne esco. Non voglio vedere nessuno, non voglio sentire nessuno e non voglio parlare, perché se comincio a parlare ricomincio con la solita tiritera che avevo giurato di non ripetere più - ci ho provato, va bene? Stavolta è andata male. Sono tornata indietro di mille passi - ho persino ricordato il 1994. Potevo restare lesa per sempre. Io che oggi non prendo niente se non ho letto tutte le clausole del contratto - "Ti faccio passare il mal di testa ma intanto ti intossico il fegato: prendere o lasciare" - allora non ci ho proprio pensato, ho buttato giù tutto eppure me la sono cavata, sono sopravvissuta, non mi si è bruciato il cervello. Ma adesso mi chiedo, perché? Se c'è un motivo, io ancora non l'ho visto, non l'ho capito. Mi sa che io non ho capito niente della vita in generale, mi devo essere persa qualche pezzo per strada e poi sembro anche un'ingrata - hai avuto un'altra occasione, ne hai avute centomila fino ad oggi. Hai la vita, la salute, perché non vivi? Perché non sei felice? Già, perché. Sono un'ingrata, tra poco con un gatto di meno. Nel male mi rendo conto che sono contenta di non avere figli. Mi vengono i brividi se penso a che madre di merda sarei. Io meriterei di stare da sola, imbozzolata nei miei egoistici dolori, a bagno in questo spreco di lacrime, e penso di esserci vicina, a questa solitudine. Se recido i legami è vero, non posso ricevere amore, ma non posso nemmeno ricevere dolore.